Finalissima
Spagna - Germania 1-0
(F. Torres)
Spagna - Germania 1-0
(F. Torres)
Da giorni ormai, la Spagna si sveglia la mattina canticchiandosi nelle orecchie il ritornello “podemos”. Vivere un sogno si può, specie se la notte non riesce ad uccidertelo. E il Paese si agita a mille, come una bottiglia di champagne pronta per essere stappata. Stavolta ci si può strappare di sopra l’etichetta di “belli ma perdenti”. Si, si può.
Una nazione che si riconosce negli occhi nel niño Fernando Torres quando scavalca Lehmann con quel pallonetto fatato mettendosi il dito in bocca. Una nazione giovane, come una bimba, gasata e pronta a spaccare l’Europa. Una nazione che fa del coraggio di Aragones la sua arma principe. Il coraggio di lasciare Raul, bandiera iberica, a casa. Il coraggio di schierare quella rivelazione di Senna a centrocampo (che Santa Rosalia gli illumini la strada per Palermo!). Il coraggio di far prendere fiato proprio a Torres quando occorre. Il coraggio di affrontare tutti a viso aperto, chiudendo i conti sempre nei 90’, tranne – e lo diciamo con sano patriottismo – che con quegli indiavolati Azzurri che poco ne hanno voluto sapere di lasciar facilmente libera la strada. Furono rigori, proprio quei rigori che fecero ruggire i guantoni del capitano Casillas, uno fin troppo bravo per non poter mettere sopra il camino un trofeo di questo genere. Una nazione che finalmente ha smesso di ammirarsi allo specchio arrivando in ritardo all’appuntamento con la storia.
Domani mattina la Spagna si sveglierà e per la prima volta non canticchierà il solito ritornello. Perché la notte, questa volta, i sogni se li è portati via tutti. Ma non è riuscita a portarsi via la Coppa. Che è ancora li, a ricordare che quella palla, il niño l’ha buttata dentro per davvero. E la Spagna è ancora Campione d’Europa.
Enricuzzu
(nella foto in alto) L'esultanza di Fernando Torres al gol dell'1-0
(nella foto in basso) La Spagna alza la Coppa
Una nazione che si riconosce negli occhi nel niño Fernando Torres quando scavalca Lehmann con quel pallonetto fatato mettendosi il dito in bocca. Una nazione giovane, come una bimba, gasata e pronta a spaccare l’Europa. Una nazione che fa del coraggio di Aragones la sua arma principe. Il coraggio di lasciare Raul, bandiera iberica, a casa. Il coraggio di schierare quella rivelazione di Senna a centrocampo (che Santa Rosalia gli illumini la strada per Palermo!). Il coraggio di far prendere fiato proprio a Torres quando occorre. Il coraggio di affrontare tutti a viso aperto, chiudendo i conti sempre nei 90’, tranne – e lo diciamo con sano patriottismo – che con quegli indiavolati Azzurri che poco ne hanno voluto sapere di lasciar facilmente libera la strada. Furono rigori, proprio quei rigori che fecero ruggire i guantoni del capitano Casillas, uno fin troppo bravo per non poter mettere sopra il camino un trofeo di questo genere. Una nazione che finalmente ha smesso di ammirarsi allo specchio arrivando in ritardo all’appuntamento con la storia.
Domani mattina la Spagna si sveglierà e per la prima volta non canticchierà il solito ritornello. Perché la notte, questa volta, i sogni se li è portati via tutti. Ma non è riuscita a portarsi via la Coppa. Che è ancora li, a ricordare che quella palla, il niño l’ha buttata dentro per davvero. E la Spagna è ancora Campione d’Europa.
Enricuzzu
(nella foto in alto) L'esultanza di Fernando Torres al gol dell'1-0
(nella foto in basso) La Spagna alza la Coppa