Staten Island (NY),
November 23rd
Le donne, si sa, da che mondo e mondo hanno sempre il loro fascino. Come gitane ammaliatrici, riescono a stregare maschi e femmine, rendendoli schiavi del loro amore. Per sempre.
Lei era li, davanti ai miei occhi. Immensa, nella maestosità del suo sguardo, avvolta in una lunga toga. Accanto a me, gente che con i miei stessi occhi mi faceva capire che non potevo avere la presunzione di amarla da solo. Una città intera la ammirava e lei si concedeva, gentile, ad ogni sguardo. Sia esso intenso, sia esso malandrino. Lei, Lady Liberty – come la chiamano gli americani – è sempre stata li negli ultimi anni. Sotto gli occhi di tutti, ma allo stesso tempo leggermente nascosta. Lontana dalle mille luci della City o dal frastuono degli altri boroughs. Semplicemente appoggiata su un piedistallo, sulla Liberty Island - un lembo di terra nell’acqua - giusto a metà fra la punta sud di Manhattan e Staten Island.
Fu regalata dai francesi in simbolo della “Libertà che illumina il Mondo” per celebrare l’indipendenza americana dal governo britannico, il 4 Luglio del 1776. Ai suoi piedi porta delle catene spezzate, in ricordo di una libertà nel passato ritrovata e che nel presente andrebbe riportata in tutti i Continenti, sette, rappresentati dalla sua corona.
Tamara e Irene, le mie due compagne di viaggio erano un po’ tristi quella sera sul battello che ci trasportava. Il giorno dopo sarebbero tornate nella loro amata Spagna e volevano vedere per l’ultima volta Lady Liberty. “Non puoi salutare New York, senza salutare lei…” mi dice Irene con un briciolo di malinconia annegata nel freddo polare che faceva sul ponte del battello. Gli addii – siano anche essi degli arrivederci – non sono mai piacevoli. Io la guardavo, guardavo la gente intorno e mi chiedevo come si può riuscire ad essere ancora “speciali” dopo anni e anni. Ma la bellezza – quella vera – rimane immortale, scolpita come la Dichiarazione sulla tavola che lei tiene fra le braccia.
Rientrati al caldo, da dietro il vetro di un oblò, Lady Liberty si andava facendo sempre più piccola nel buio della notte di New York. Tamara le fa “ciao” con la manina quando si chiede ironica “Ma chi è?”. Io le risponde come rispose anni fa lo scrittore russo Maksim Gorkij, forse da dietro lo stesso oblò: “E’ il Dio degli americani.”. Semplicemente.
Enricuzzu
(nella foto in alto) Lady Liberty ripresa dalla fotocamera di Virginè CieatutNovember 23rd
Le donne, si sa, da che mondo e mondo hanno sempre il loro fascino. Come gitane ammaliatrici, riescono a stregare maschi e femmine, rendendoli schiavi del loro amore. Per sempre.
Lei era li, davanti ai miei occhi. Immensa, nella maestosità del suo sguardo, avvolta in una lunga toga. Accanto a me, gente che con i miei stessi occhi mi faceva capire che non potevo avere la presunzione di amarla da solo. Una città intera la ammirava e lei si concedeva, gentile, ad ogni sguardo. Sia esso intenso, sia esso malandrino. Lei, Lady Liberty – come la chiamano gli americani – è sempre stata li negli ultimi anni. Sotto gli occhi di tutti, ma allo stesso tempo leggermente nascosta. Lontana dalle mille luci della City o dal frastuono degli altri boroughs. Semplicemente appoggiata su un piedistallo, sulla Liberty Island - un lembo di terra nell’acqua - giusto a metà fra la punta sud di Manhattan e Staten Island.
Fu regalata dai francesi in simbolo della “Libertà che illumina il Mondo” per celebrare l’indipendenza americana dal governo britannico, il 4 Luglio del 1776. Ai suoi piedi porta delle catene spezzate, in ricordo di una libertà nel passato ritrovata e che nel presente andrebbe riportata in tutti i Continenti, sette, rappresentati dalla sua corona.
Tamara e Irene, le mie due compagne di viaggio erano un po’ tristi quella sera sul battello che ci trasportava. Il giorno dopo sarebbero tornate nella loro amata Spagna e volevano vedere per l’ultima volta Lady Liberty. “Non puoi salutare New York, senza salutare lei…” mi dice Irene con un briciolo di malinconia annegata nel freddo polare che faceva sul ponte del battello. Gli addii – siano anche essi degli arrivederci – non sono mai piacevoli. Io la guardavo, guardavo la gente intorno e mi chiedevo come si può riuscire ad essere ancora “speciali” dopo anni e anni. Ma la bellezza – quella vera – rimane immortale, scolpita come la Dichiarazione sulla tavola che lei tiene fra le braccia.
Rientrati al caldo, da dietro il vetro di un oblò, Lady Liberty si andava facendo sempre più piccola nel buio della notte di New York. Tamara le fa “ciao” con la manina quando si chiede ironica “Ma chi è?”. Io le risponde come rispose anni fa lo scrittore russo Maksim Gorkij, forse da dietro lo stesso oblò: “E’ il Dio degli americani.”. Semplicemente.
Enricuzzu
(nella foto in basso) Tamara, Enricuzzu e Irene sul battello
4 commenti:
Enrico! bajamos bajamos!haha.Me ha gustado mucho tu articulo, tenia ganas de llorar! haha, fue un viaje muy bonito y divertido al mismo tiempo. Tenemos un video que lo demuestra! Espero que cuando veas la estatua te acuerdes de irene y de mi!
un beso muy grande!
Bellissimo omaggio, Enrico!! Bravo!
se, se... altro che Lady Liberty. Secondo me tu eri attratto solo da Lady Tamara e Lady Irene...
il commento di sopra era mio...
Andrea
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