New York City,
November 18th
C’erano una volta quegli italiani che partivano alla scoperta del Nuovo Mondo con una valigia di cartone piena di sogni. C’erano una volta quegli italiani e – sorpresa – ci sono ancora, pieni di sogni ma oggi attaccati al cotone di una canotta ed al cuoio di un pallone di Basket. Ragazzoni partiti con mille speranze e gli occhi lucidi, tanto quanto il parquet dell’NBA. Sul filo dei loro pensieri, dei loro dubbi. Un Oceano attraversato tutto d’un fiato nel desiderio di scrivere la propria favola.
Bene che vada, disegni schiacciate volanti che strappano applausi a stelle e strisce sugli spalti ed in televisione. Male che vada, ti chiami Danilo Gallinari e vieni travolto dai fischi di un Madison Square Garden isterico per astinenza da vittorie, quando i NY Knicks che hai sempre sognato, ti scelgono come primo “non americano” del Draft 2009. La favola di un coach, Mike D’Antoni, che crede in te anche se in te non crede quasi nessuno. La favola di chi si è tolto una corona d’oro dalla testa in Italia, per diventare umile plebeo negli States. La favola che ad oggi stona, di una maledetta schiena che fa crack troppe volte, lasciandoti nelle narici il freddo odore della panchina e nelle orecchie i mugugni dei newyorkesi abbonati. Tu reo – in testa loro – di star seduto in prima fila, senza neanche pagare.
Poco più su, dalle parti di Toronto, prende scena la favola di Andrea Bargnani, il più classico degli emigrati. Italiano in America, giocatore canadese nella Lega USA. Uno a cui l’ombra di Bosh – stella dei Toronto Raptors – sta proprio stretta. Da lui passano molte le palle, forse troppe e da lui si perdono molte palle, sicuramente troppe. E stai li nella speranza di poterti ritrovare fra le mani, anche per caso, la palla giusta, per fare il canestro che ti cambia la vita. Tu che di canestri ne hai segnato tanti, ma forse non abbastanza.
Sicuramente però, più di quanti ne ha segnati nell’altra Costa, Marco Belinelli. Uno dalla faccia buona, il capello al vento e la mano calda. Evidentemente però, non abbastanza da convincere Coach Nelson a regalare qualche minuto in più all’italiano in una squadra – i Golden State Warriors – che le stelle le vedono solo la sera se alza gli occhi in su al cielo. La storia di Marco, che è un po’ come la storia del giocattolo in mano al bimbo capriccioso, a cui non piace affatto ma che non vuole regalare all’amichetto che tanto invece lo vorrebbe. Pochi minuti, tanto sarcasmo ed il paradosso del divieto assoluto nel cedere l’italiano ad altre compagini che sicuramente lo tratterebbero come oro colato. E Marco resta li, in silenzio, a sgambettare in campo quando il bimbo capriccioso gli concede cinque miseri minuti contro Minnesota. Marco, che in cinque miseri minuti infila due triple consecutive, dal retrogusto straordinario, portando i Warriors alla vittoria e Coach Nelson a storcere il naso.
Storie di italiani negli USA. Storie di tre ragazzi con mille sogni che meriterebbero applausi scroscianti semplicemente per il fatto di aver deciso di levarsi i panni dei campioni in patria ed aver indossato quelli dei “nessuno” fra i giganti. Nella NBA di LeBron James che infila 40 punti a partita, distruggendo canestri, parquet ed urlando “Avanti il prossimo!” con sguardo assassino. Nella NBA dei fantastici “threenbeliveble” di Boston campione in carica (Pierce – Garnett – Allen) che rispondono “Eccoci!”. Nella NBA di Mr. Kobe Bryant che fa splendere il sole sopra Los Angeles. Nella NBA di Shaquille O’Neil che dichiara vendetta da Phoenix. Semplicemente nella NBA, dove il parquet sembra brillare di più.
Lo stesso parquet – quello del Madison Square Garden – dove giorno 29 i Knicks di Gallinari ospiteranno (con Enricuzzu accoccolato sugli spalti) i Warriors di Belinelli. Nella speranza che la schiena del primo porti buone nuove e i minuti del secondo siano un po’ di più di quelli che servono a cuocere la pasta. Storie di sogni. Storie di desideri. Storie da NBA. Where Italians Happen.
Enricuzzu
November 18th
C’erano una volta quegli italiani che partivano alla scoperta del Nuovo Mondo con una valigia di cartone piena di sogni. C’erano una volta quegli italiani e – sorpresa – ci sono ancora, pieni di sogni ma oggi attaccati al cotone di una canotta ed al cuoio di un pallone di Basket. Ragazzoni partiti con mille speranze e gli occhi lucidi, tanto quanto il parquet dell’NBA. Sul filo dei loro pensieri, dei loro dubbi. Un Oceano attraversato tutto d’un fiato nel desiderio di scrivere la propria favola.
Bene che vada, disegni schiacciate volanti che strappano applausi a stelle e strisce sugli spalti ed in televisione. Male che vada, ti chiami Danilo Gallinari e vieni travolto dai fischi di un Madison Square Garden isterico per astinenza da vittorie, quando i NY Knicks che hai sempre sognato, ti scelgono come primo “non americano” del Draft 2009. La favola di un coach, Mike D’Antoni, che crede in te anche se in te non crede quasi nessuno. La favola di chi si è tolto una corona d’oro dalla testa in Italia, per diventare umile plebeo negli States. La favola che ad oggi stona, di una maledetta schiena che fa crack troppe volte, lasciandoti nelle narici il freddo odore della panchina e nelle orecchie i mugugni dei newyorkesi abbonati. Tu reo – in testa loro – di star seduto in prima fila, senza neanche pagare.
Poco più su, dalle parti di Toronto, prende scena la favola di Andrea Bargnani, il più classico degli emigrati. Italiano in America, giocatore canadese nella Lega USA. Uno a cui l’ombra di Bosh – stella dei Toronto Raptors – sta proprio stretta. Da lui passano molte le palle, forse troppe e da lui si perdono molte palle, sicuramente troppe. E stai li nella speranza di poterti ritrovare fra le mani, anche per caso, la palla giusta, per fare il canestro che ti cambia la vita. Tu che di canestri ne hai segnato tanti, ma forse non abbastanza.
Sicuramente però, più di quanti ne ha segnati nell’altra Costa, Marco Belinelli. Uno dalla faccia buona, il capello al vento e la mano calda. Evidentemente però, non abbastanza da convincere Coach Nelson a regalare qualche minuto in più all’italiano in una squadra – i Golden State Warriors – che le stelle le vedono solo la sera se alza gli occhi in su al cielo. La storia di Marco, che è un po’ come la storia del giocattolo in mano al bimbo capriccioso, a cui non piace affatto ma che non vuole regalare all’amichetto che tanto invece lo vorrebbe. Pochi minuti, tanto sarcasmo ed il paradosso del divieto assoluto nel cedere l’italiano ad altre compagini che sicuramente lo tratterebbero come oro colato. E Marco resta li, in silenzio, a sgambettare in campo quando il bimbo capriccioso gli concede cinque miseri minuti contro Minnesota. Marco, che in cinque miseri minuti infila due triple consecutive, dal retrogusto straordinario, portando i Warriors alla vittoria e Coach Nelson a storcere il naso.
Storie di italiani negli USA. Storie di tre ragazzi con mille sogni che meriterebbero applausi scroscianti semplicemente per il fatto di aver deciso di levarsi i panni dei campioni in patria ed aver indossato quelli dei “nessuno” fra i giganti. Nella NBA di LeBron James che infila 40 punti a partita, distruggendo canestri, parquet ed urlando “Avanti il prossimo!” con sguardo assassino. Nella NBA dei fantastici “threenbeliveble” di Boston campione in carica (Pierce – Garnett – Allen) che rispondono “Eccoci!”. Nella NBA di Mr. Kobe Bryant che fa splendere il sole sopra Los Angeles. Nella NBA di Shaquille O’Neil che dichiara vendetta da Phoenix. Semplicemente nella NBA, dove il parquet sembra brillare di più.
Lo stesso parquet – quello del Madison Square Garden – dove giorno 29 i Knicks di Gallinari ospiteranno (con Enricuzzu accoccolato sugli spalti) i Warriors di Belinelli. Nella speranza che la schiena del primo porti buone nuove e i minuti del secondo siano un po’ di più di quelli che servono a cuocere la pasta. Storie di sogni. Storie di desideri. Storie da NBA. Where Italians Happen.
Enricuzzu
( articolo pubblicato su http://www.rosaneronline.it/ al link
http://www.rosaneronline.it/altri_sport/articoli/2008/11/18/nba_where_italians_happens )
(nella foto) Marco Belinelli, dei Golden State Warriors.
http://www.rosaneronline.it/altri_sport/articoli/2008/11/18/nba_where_italians_happens )
(nella foto) Marco Belinelli, dei Golden State Warriors.
2 commenti:
Storie di sana invidia!!! ;-)
Ti invidio anche se non seguo il basket!!
Posta un commento