sabato 6 dicembre 2008

Sulle ali di un ricordo che non c'è.

Windsor Locks (Connecticut),
December 2nd

Ricordava il suo nome. Ricordava che veniva da Los Angeles. Dopo, il vuoto. Un vuoto lungo cinquantacinque anni.
Henry Gustav Molaisos – da tutti conosciuto semplicemente come H.M. – cadde dalla bicicletta nel 1953, subendo un durissimo trauma cranico. Mesi di sofferenza, mesi di agonia. Crisi epilettiche che non gli lasciavano fiato. Poi il grande passo: l’operazione al cervello. Quell’operazione però, negli anni in cui la medicina sapeva poco in materia celebrale, cambiò radicalmente la sua vita. Un contrattempo. Un errore di valutazione. Fatale. Da quel giorno Henry – compromessa la sua memoria a breve termine – non ricordava più nulla. Ogni mattina come se fosse una nuova mattina. Ogni sole che sorgeva come se fosse un segreto mai sentito. Ogni persona accanto – seppur accanto da decine di anni – come se fosse incontrata per la prima volta.

Sembrava solo un film quello interpretato da Adam Sandlar e Drew Barrymore qualche anno fa. 50 volte il primo bacio, recitava poetico il titolo. Lui, giovane scapolo hawaiano, che tentava di far innamorare lei, stupenda fanciulla che in seguito ad un incidente in macchina, dimenticava tutto una volta andata a letto. Esattamente come Henry. Solo che per uno strano scherzo del destino, questa volta è tutto reale.

Come è reale anche Antoniette, la paziente che cura Virginè, mia carissima amica francese con cui ho condiviso 2 mesi newyorkesi. Virginè ogni mattina, nella splendida isola caraibica di Guadalupe dove vive, si reca a casa di Antoniette per accudirla. “Piacere, sono Virginè.” le prime parole. Esattamente le stesse da circa 2 anni, ogni singolo giorno. Antoniette ha avuto un incidente da giovane e da allora non ricorda più nulla, esattamente come Henry. “Quando l’accompagno in bagno, guarda lo spazzolino come se fosse un oggetto di un altro pianeta” – mi racconta Virginè – “e tutte le volte dopo averlo studiato un po’, se lo passa fra i capelli scambiandolo per un pettine”. Dovrebbe forse far ridere. Magari la prima volta. E anche la seconda. Ma alla terza, un incredibile senso di tristezza ti scuote dentro. Esattamente come quello che scuote me quando Virginè mi dice che la figlia di Antoniette ormai non va più a trovarla perché non ha più il coraggio di sentirsi guardata da sua madre come un’estranea. “Antoniette ha ottanta anni, è dolcissima anche se ormai ragiona poco” – continua Virginè – “ma credo che non dobbiamo giudicare sua figlia, anche se pensiamo sia in errore.”. Una inconsapevole saggezza che io ammetto candidamente di non possedere. Virginè invece – oltre a questo – ha capito anche che Antoniette qualcosa la ricorda: la musica. Sulle sue note sorride come una bimba, si mette a danzare e a volte ricorda anche come si usa lo spazzolino. Dove arrivano le donne – chissà – forse solo gli angeli.

Guardo la foto di Henry sul New York Times. Un simpatico brizzolato che sorride alla vita. Sorrido anche io. Sono pronto a scommettere che di sorrisi di rimando ne ha ricevuti tanti. Tutti quei sorrisi che da oltre cinquant’anni si cancellano nella sua mente con un colpo di spugna, una volta chiusi gli occhi. Per quella fatale ingiustizia che ha privato l’uomo di una delle cose che più gelosamente è stato abituato a conservare: i ricordi.

Un martedi come tanti altri di qualche giorno fa, Henry ha chiuso gli occhi per l’ultima volta. Ad 82 anni, in una casa di riposo del Connecticut ha salutato tutti in silenzio per andare incontro ad una nuova vita. Forse, chissà… una vita in cui – spero fra molto tempo – incontrerà Antoniette. Sopra le nuvole che stanno a metà fra il Connecticut e Guadalupe. E magari li si abbracceranno per la prima volta. Una prima volta che sono sicuro, questa volta non dimenticheranno mai.

Enricuzzu
(l'articolo del New York Times:
http://www.nytimes.com/2008/12/05/us/05hm.html)

(nella foto) Henry Gustav Molaison

4 commenti:

stefi ha detto...

Toccante... emozionante...
mi ricorda una persona a me molto cara che se ne è andata da qualche anno e che ha riempito la mia vita e che per me è sempre presente...una storia che ha a che fare con i ricordi (di cui non possiamo fare a meno) perchè se l'è portata via l'Alzhemeir...
Grazie Enrico

Enricuzzu ha detto...

Stefi, grazie e te per aver condiviso con me un pezzo della tua vita.
Un abbraccio

ClaudioRN ha detto...

Commovente!
Davvero commovente.
Bravo Enri, per la scelta e per il pezzo.

Claudio.

Anonimo ha detto...

Incredibile, tempo fa ne parlammo, la tristezza di non potersi tenersi ricordi cari nel cuore ma allo stesso tempo lo stupore di vivere emozioni giorno dopo giorno come se fosse la prima volta... non so cosa sia meglio.