June 13rd
Una sera, quando vivevo a New York, andando da Manhattan a Flushing, ebbi la brillante idea di sperimentare una strada nuova, “così accorcio”. Presi una metro diversa dal solito, spinto da chissà qualche convinzione topografica e la certezza di aver trovato la scociatoia che mi avrebbe fatto risparmiare i quarantacinque minuti della solita linea viola. Troppo furbo, io. Ero convintissimo. Infatti sbagliai. Scesi dal vagone e lessi il nome della stazione sbagliata, Morris Park.
Ieri avevano provato a venderci il Basket come un album di figurine. Lo compro, lo completo e tutti mi battono le mani. Quel giorno che ci provarono, andò in onda “The Decision”. Avevano appena visto la luce – e che luce – i Big Three. Storcevi il naso? Invidioso, pussa via. Dai sediolini spuntavano i bimbi che si domandavano dubbiosi “Ma a pallacanestro non si gioca in 5?”. Siete troppo piccoli per capire, quando sarete grandi vi spiegheranno che a Cleveland si giocava addirittura in 1. Pensa un pò tu ora che ce ne sono 2 in più! E da quel giorno l’invidia crebbe ancora di più, a dismisura. L’invidia verso quegli anonimi “altri 2″ che prendevano lo stipendio – e che stipendio, mica due fichi – guardandola, la partita. LeBron schiacciava con la mano dietro il collo e loro due applaudivano mangiando un Hot Dog. Wade stoppava, se la passava, entrava in percussione, faceva sponda sul tabellone e poi segnava da 3 e loro due applaudivano sorseggiando una birra. Bosh litigava con tutti e incitava il pubblico e loro due applaudivano guardando la scena dal parqeut, gratis. “Ed io che ho pagato 800 dollari per essere in prima fila?” tuonava uno spettatore all’AA Arena. Stai zitto, invidioso!
Poi un giorno arrivarono quei bruti con le maglie blu, che facevano una cosa fuori dal mondo. Un’immonda porcheria: si passavano la palla. Mi fa schifo solo a scriverlo. Passi la palla e ne vinci una. Passi la palla e ne vinci due. Passi la palla e ne vinci tre. Passi la palla e… ma mica mi starai dicendo vero? Si, si sono fregati l’anello. Pubblico ammutolito. Miami stupefatta. Mostarda che cola dalle bocche aperte di chi ha ancora l’Hot Dog in mano. Massì in fondo che ci frega, tanto quel bruttone di Nowitzki mica può migliorare l’aspetto con quell’anello al dito. Ma è proprio li che un bimbo ti bussa alle spalle e ti affonda con una sconquassante verità: “Amico, lui con una pettinata si mette a posto ed è presentabile. Ma a te quell’anello mica lo danno in regalo con le figurine.”. Ti saluta e continua a bere la sua Coca Cola.
Ripenso a quella volta che sbagliai metro. Scesi dal vagone e lessi il nome della stazione sbagliata. Morris Park – sticazzi – Bronx. Vento gelido, peli ritti, gran cagotto e tornai indietro, rifacendo la solita, vecchia, carissima strada lunga. Quella sera non erano ancora nati i Big Three e Nowtzki era ancora alle prese sul come pettinarsi i capelli per essere presentabile, ma io avevo già capito. Nella vita non ci sono scorciatoie. Che ci piaccia o no.
Ieri avevano provato a venderci il Basket come un album di figurine. Lo compro, lo completo e tutti mi battono le mani. Quel giorno che ci provarono, andò in onda “The Decision”. Avevano appena visto la luce – e che luce – i Big Three. Storcevi il naso? Invidioso, pussa via. Dai sediolini spuntavano i bimbi che si domandavano dubbiosi “Ma a pallacanestro non si gioca in 5?”. Siete troppo piccoli per capire, quando sarete grandi vi spiegheranno che a Cleveland si giocava addirittura in 1. Pensa un pò tu ora che ce ne sono 2 in più! E da quel giorno l’invidia crebbe ancora di più, a dismisura. L’invidia verso quegli anonimi “altri 2″ che prendevano lo stipendio – e che stipendio, mica due fichi – guardandola, la partita. LeBron schiacciava con la mano dietro il collo e loro due applaudivano mangiando un Hot Dog. Wade stoppava, se la passava, entrava in percussione, faceva sponda sul tabellone e poi segnava da 3 e loro due applaudivano sorseggiando una birra. Bosh litigava con tutti e incitava il pubblico e loro due applaudivano guardando la scena dal parqeut, gratis. “Ed io che ho pagato 800 dollari per essere in prima fila?” tuonava uno spettatore all’AA Arena. Stai zitto, invidioso!
Poi un giorno arrivarono quei bruti con le maglie blu, che facevano una cosa fuori dal mondo. Un’immonda porcheria: si passavano la palla. Mi fa schifo solo a scriverlo. Passi la palla e ne vinci una. Passi la palla e ne vinci due. Passi la palla e ne vinci tre. Passi la palla e… ma mica mi starai dicendo vero? Si, si sono fregati l’anello. Pubblico ammutolito. Miami stupefatta. Mostarda che cola dalle bocche aperte di chi ha ancora l’Hot Dog in mano. Massì in fondo che ci frega, tanto quel bruttone di Nowitzki mica può migliorare l’aspetto con quell’anello al dito. Ma è proprio li che un bimbo ti bussa alle spalle e ti affonda con una sconquassante verità: “Amico, lui con una pettinata si mette a posto ed è presentabile. Ma a te quell’anello mica lo danno in regalo con le figurine.”. Ti saluta e continua a bere la sua Coca Cola.
Ripenso a quella volta che sbagliai metro. Scesi dal vagone e lessi il nome della stazione sbagliata. Morris Park – sticazzi – Bronx. Vento gelido, peli ritti, gran cagotto e tornai indietro, rifacendo la solita, vecchia, carissima strada lunga. Quella sera non erano ancora nati i Big Three e Nowtzki era ancora alle prese sul come pettinarsi i capelli per essere presentabile, ma io avevo già capito. Nella vita non ci sono scorciatoie. Che ci piaccia o no.
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