sabato 17 novembre 2012

Quella sediolina, un anno dopo.

Milano (Italy),
November 17th

Mondello (PA)
Quella sediolina la ricordo perfettamente. Piegevole, alta, simile a quelle da regista. Maledettamente scomoda ho sempre creduto, per uno come me che, se in spiaggia non era immerso in qualche scorribanda estiva, per il riposo preferiva spiaggiarsi sulla sabbia a peso morto. Ma tu ti ci trovavi benissimo, quasi fosse un'appendice del tuo stesso corpo. Gamba accavallata, occhiali da sole (alcuni - non ti incazzare - davvero inguardabili) e pipa in bocca. Da quel trono guardavi negli occhi Mondello con un'aura particolare. Ti facevi notare anche stando fermo ed il fiume di persone che passava di li, non si risparmiava mai un saluto. "Ciao Pippo!", donne, uomini, italiani, stranieri, anziani, bambini... ed io avevo sempre la faccia del cretino che si chiedeva "Ma quante persone lo conoscono?" e proprio per questo, tra il geloso e l'ammirato, evitavo di salutarti quando ti sfrecciavo accanto per andare a giocare col pallone. Per gli altri era quasi un onore conoscerti, per me una banalità. Il ciao era una parentesi superflua. Tanto, ad ogni modo, sapevo che eri sempre la, gamba accavallata, occhiali da sole e pipa in bocca.

Da quella sediolina mi guardavi, mi sorvegliavi, a tuo modo giocavi con me. E ti piegavi dalle risate quando combinavo qualche minchiata. Una rovesciata accidentale in faccia a qualche turista, un tentato approccio a qualche ragazzina o un tuffo di panza dal pedalò. Non importava cosa combinassi, sapevo che eri li e da lontano cercavo i tuoi occhi. Mi bastavano quelli, dato che parlavamo poco. Mi son sempre bastati quelli per capire se avevo la tua approvazione o no, da uno sguardo nero che mi doveva far riflettere. Nella vita il rispetto lo guadagna solo chi lo da e tu te lo sei sempre guadagnato, non solo con me, con quell'amore silenzioso di chi fa al posto di parlare.

Gamba accavallata e pipa in bocca. Fortunatamente la sera lasciavi gli occhiali da sole a casa, con il benestare degli occhi altrui. Ma la posizione non cambiava. Stavi così anche all'Arena dello Zio, seduto nello stesso posto del lato sinistro della fila centrale a guardare l'ultimo film d'azione. In quelle sere a volte il tuo grado di attenzione verso di me calava un pò e calavano anche i baffetti, a disegnare uno sguardo velatamente triste che da piccolo non sono mai riuscito ad interpretare. Te ne stavi li a pensare un pò a tutto, alla tua e alla nostra vita, prendendo decisioni importanti da solo - tra una Coca Cola ed un Magnum - perchè da solo avvertivi il carico delle responsabilità. E' in quei momenti che avrei voluto essere grande, per starti vicino e non farti sentire solo. Per farti capire che anche la tua famiglia voleva essere per te quello che tu eri per la tua famiglia. Un porto sicuro dove approdare. Una sediolina piegevole dove sedersi e riposarsi. Ma, purtroppo, il tempo mi ha dato troppe poche occasioni...

Oggi è passato un anno da quando te ne sei andato papà e ancora la sera qualche lacrima mi solca il viso. Ci sono tante cose che avrei voluto raccontarti e farti vivere della mia vita, come le soddisfazioni lavorative o la famiglia che sto facendo con chi amo. O come il Football, quella grande folle avventura intrapresa qualche anno fa che mi ha fatto trovare una banda di fratelli nuovi che mai avrei pensato. Uno sport che, come la vita, ti insegna a conquistare i tuoi obbiettivi centimetro dopo centimetro, soffrendo e gioendo per la tua famiglia come la tua famiglia soffre e gioisce per te. Ma non sono triste. Perchè se anche non posso raccontartelo sono sicuro che tu lo possa vedere da te, esattamente come hai sempre visto tutto in passato. Ti vedo li, sulla porta del touchdown, nitido, quando alzo il caso. Gamba accavallata, occhiali da sole e pipa in bocca. E ti sento vicino. Dentro di me come non lo sei stato mai.

Foto by Francesca Meana - Sito Web