venerdì 31 dicembre 2010

Parole di fine 2010

Mondello,
December 30th

Solitudine. Silenzio. Campagna. Lacrime che scendono. Lacrime che si nascondono. Settebello. Crak. Paura. Telefono in mano. Telefono troppo in mano. Rocky. Urla. Rabbia. Tristezza. Debolezza delle parole. Fortezza dello sguardo. Illuminazione. Dio, o chi per lui. Con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Follia. Tutto in apnea.

Poi alzo gli occhi e guardo il cielo di Mondello e le sue nuvole a pecorelle. Prima o poi ci sarà l'azzurro, quello limpido, quello sereno. Ci credo, anche se molti dicono di no. Ci credo. Perchè smettere di crederci - quello si - sarebbe la vera follia.

(nella foto) Il cielo di Mondello

venerdì 3 dicembre 2010

40 yard

Milano (Italy),
December 2nd

Ti trovi li, a oscillare lentamente con gli occhi fissi sul cronometro che tiene in mano il tuo compagno di mille battaglie sulle 40 yard. Le dovrai coprire tutte, tutte d'un fiato, nel gelo di una serata milanese che ti entra nelle ossa. 40 yard di fuoco, di accellerazione bruciante, dove come d'incanto scompaiono dolori, fatiche e acciacchi. Scenderai sotto il muro dei 5 secondi? E' la domanda che ti riempe la mente quell'attimo prima di bruciare la terra sotto le tue scarpe a caccia di quel cronometro. L'aria fredda fende la faccia come una lama, la testa si svuota e i muscoli si tendono nel loro sforzo massimo. In quel lasso brevissimo non c'è neanche il tempo di imprecare, si deve risparmiare anche la saliva. Il cronometro segna 5.20'', senza trucchi, senza inganni. Quello è ciò che sei oggi, ma - se solo vorrai - quello che non sarai domani. La mente si riempe di una sola certezza: si, scenderai sotto i 5 secondi. Perchè un giorno sarai lì, in campo, fissando il quarterback e realizzerai che quei 20 centesimi sono ben più che sufficienti per permettergli un lancio da touchdown. E tu non vorrai concederglieli per nulla al mondo. La gente come noi non molla mai, neanche sulle 40 yard.

Leggi l'articolo sul sito dei Rams Milano - Clicca Qui
(nella foto sotto): I "miei" Rams Milano

sabato 30 ottobre 2010

Non c'è un'altra vita...

Milano,
October 28th

La luce che filtra dalle finestre, sottile, che quasi ti perfora l'occhio. I muscoli stanchi, seppur hanno lavorato poco stasera, che rendono il paraspalle pesante come non mai. Un macigno che ti stringe senza farti respirare. Il rumore secco dei tacchetti che battono per terra che rimbomba nello spogliatoio facendomi intendere che son solo, fra mille domande e zero risposte. Non accendo la luce nella doccia, meglio farla al buio, per paura di vedere allo specchio il riflesso di un'immagine che stasera proprio non mi va di incrociare. L'acqua calda scivola lenta sulla pelle come qualcosa di invidiato come poco altro; sarebbe bello avere qul buco di scappaoio dove infilarsi e salutare il Mondo. Torno a sedermi, sistemo le protezioni, piego l'asciugamani e fisso le scarpette ancora con invidia; nere, stemma bianco, marca semplice. Avrei anche io voluto avere una vita semplice, ma in fondo sono come loro, ricoperte di fango che fatica a levarsi.

Corro con la mente al campo, anche se il Campionao è lontano. Si corre sull'erba come nella vita. Prendendo mazzate, dandole in cambio, sperando di azzeccare il lancio giusto che ti cambi la vita o intercettare quell'attimo fuggente che chissà quando mai si ripresenterà. Poi il tempo passa e dalle tu mani scivola tutto, tranne appunto le mazzate. E a te vien voglia di chiedere il cambio, abbattuto. Giocatela voi la mia vita, che io non ho più voglia... Vai per uscire e - sorpresa - ti accorgi che non c'è panchina, non c'è bordocampo, non c'è nulla. Ci sei solo tu che da quel campo non puoi uscire, mentre gli altri ti guardano ridacchiando. Stai mollando, stai perdendo. No, no. Non può andare così. Rimetto il casco e torno in formazione, anche se non sono molto convinto. Servirà il primo contatto a farmi ritornare vivo. A farmi capire che non abbiamo una vita di riserva da vivere e per questo dobbiam vivere ogni attimo - seppur tremendo sia - al cento per cento perchè di quello dopo non vi è certezza. Cambi non ne abbiamo, cambi forse non ne vogliamo. Arriva il primo contatto... cadrò, resterò in piedi? Non lo so, ma imparerò come muovermi a quello dopo. Non c'è un'altra partita, c'è questa partita. Non c'è un'altra vita, c'è questa vita. Ed io voglio vincerla.

giovedì 7 ottobre 2010

Francesco Benigno: "Zampa non tocchi Pastore dopo tutti gli abbili fatti con Cavani."

Roma,
October 7h

“Mery per Sempre”, “Ragazzi Fuori”, “Palermo - Milano Sola Andata”. Chi ricorda questi film? Pellicole che narrano di una Palermo che fu e che (purtroppo) ancora oggi in parte è. Film interpretati da un grande artista nostrano, Francesco Benigno che – disponibilissimo come in questo mondo non è mai banale sottolineare – si presta a una chiacchierata telefonica con la community di Tifosirosanero.it

Enricuzzu: “Ciao Francesco, come va?”
Francesco: “Bene, bene…”

E: “Parliamo di questo nostro Palermo?”
F: “Non fa mai male, anche se la passione non è più come una volta…”

E: “Ci spieghi meglio?”
F: “Quando ero ragazzino la vivevo diversamente. Se giocava il Palermo c’eravamo solo io e la mia squadra, il resto non contava. Ora faccio molti meno abbili; seguo la partita fra un panino e una chiacchierata con un amico.”

E: “Sappiamo che hai anche un Derby in famiglia…”
F: “Si è vero, mia moglie è romanista e mio figlio pure. Quando giochiamo contro prevale lo sfottò, ma io per ora dedico ad entrambi un bel S.P.Q.R.: Sono Penultimi Questi Romanisti!” (ride)

E: “Una stagione con scoppole prese da Brescia e Lecce e vastunate date a Juve e Fiorentina, che te ne sembra?”
F: “Vincere a Torino con la Juve ormai è diventata routine, ma a me non è andata giù la partita col Cagliari. Bisognava vincere! Un tempo a Palermo non passava lo straniero ora non è più così…”

E: “Dai, ci riprenderemo. Che ne pensi degli sloveni?”
F: “Ilicic è fortissimo, così come quel centrale di centrocampo (Bacinovic, ndr); sono stati begli affari. Ma io sono innamorato di Hernandez e Pastore. Soprattutto il primo, spero che trovi più spazio per giocare; non vorrei si fosse bruciato per una partita no.”

E: “Pastore rischia di salutarci l’anno prossimo…”
F: “Non si permetta Zamparini! (ride) Tutti ma non Pastore. Tutto sommato sono soddisfatto dell’addio di Cavani che potevo sopportare poco. E’ vero che ha fatto 14 gol, ma mi ha fatto fare anche 14 abbili! Kjaer invece – chiedo a te – l’abbiamo proprio ceduto?”

E: “Cedutissimo… al Wolfsburg.”
F: “Ma questo Wolfsburg vale più del Palermo?”

E: “Non credo…”
F: “E neanche io. Fosse andato in qualche big lo avrei capito, ma così no… Incrocio le dita per Pastore; se raggiungiamo la Champions abbiamo qualche speranza di farlo restare. Ad ogni modo a Zamparini non rimprovero nulla, senza di lui torneremmo nel Purgatorio da dove ci prese insieme a Sensi. I palermitani devono capirlo, Zamparini si ama…”

E: “Quindi sei con lui quando si ribella all’arbitraggio?”
F: “Ma sai, li è un discorso diverso. Credo che non sia una questione di poteri calcistici, ma di poteri legati al mondo delle scommesse.”

E: “Ci spieghi meglio?”
F: “Ormai è tutto controllato, tutto intercettato. Non puoi permetterti di sbagliare. Ma se hai in mano una bella schedina di qualche migliaio di euro e sai che la strapperesti se fischiassi quel rigore al Palermo, che fai lo fischi? Io credo di no. Pensa se poi queste pressioni arrivassero proprio dalle stesse agenzie…”

E: “Proviamo a parlare d’altro. Si avvicina il Derby col Catania, come lo vivrai?”
F: “Il Catania, quanti ricordi… Quando avevo 16 anni era LA PARTITA. La vivevo come la vive un tifoso scatenato, ma sempre restando nello sfottò, senza mai sfociare in violenza. Come dovrebbe sempre essere. Ricordo quando giravamo per la città con la cassa da morto a simboleggiare il funerale se li battevamo… semplice sfottò. Ora certi esaltati rischiano di rovinare tutto, di trasformare una partita di pallone in violenza e massacro. E spesso ci riescono.”

E: “Il tuo messaggio ai tifosi quindi qual’è?”
F: “Divertitevi, tifate ma non degeneriamo…”

E: “A te invece dove troveremo prossimamente?”
F: “Su RAI 1 a fine Ottobre con ‘Un pugno, un bacio’ una fiction su Tiberio Mitri, pugile italiano che affrontò Jack La Motta al Madison Square Garden negli anni 50. Io interpreto il suo Manager.”

E: “Ed in Sicilia?”
F: “In Sicilia è un problema, perché purtroppo non c’è meritocrazia. Sono andato un po’ di volte per organizzare eventi e spettacoli, con artisti siciliani giovani. Volevo fare emergere anche loro nella loro terra con uno show a Taormina, ma ogni volta scopro certe cose da rimanere basito. Il nulla va avanti e il merito va indietro. E’ il vero problema della nostra terra e mancando da ben 22 anni me ne sono potuto accorgere. E’ un peccato…”

E: “Prossimo appuntamento rosanero?”
F: “In casa col Bologna e si deve vincere! Il mio sarà contro la Roma, allo stadio con la sciarpetta rosanero e la famiglia, sperando di poterli sfottere alla fine.”

E: "Al volo, dove arriviamo quest'anno?"
F: "Quarti. La Champions non ce la leva nessuno!"

E: “E Forza Palermo allora”
F: “Forza Palermo Sempre!”

Enrico Nunnari

(nella foto) Francesco Benigno

giovedì 16 settembre 2010

Ad un touchdown dal cuore

Pforzheim (Germany),
September 10-11

Si stava bene sul sediolino del pullman, mentre le luci della strada si spegnevano lentamente. Sarà stato il posto accanto che il mio compagno aveva lasciato libero e che mi permetteva stiracchiamenti vari o sarà stata la tranquilla sensazione di non sapere da che parte in Germania mi trovassi, fatto sta che un sonnellino di qualche minuto mi ha preceduto all'arrivo a Pforzheim. In realtà, l'albergo che ci avrebbe ospitato si trovava a Bretten, ma poco cambiava... sconosciuta era una e sconosciuta era anche l'altra città. Segnate col rosso sulla mappa della mia mente però, perchè da li a poco avrei giocato il mio primo Torneo Internazionale di Football Americano. Ripenso a quel primo giorno dell'anno scorso quando misi piede nel campo dei Milano Rams per allenarmi con loro... Nessuna presunzione di saper tutto e subito, anche perchè gli allenamenti massacranti lasciavano poco spazio alla creatività. Tifare San Diego Chargers è un conto, giocare un Kick-Off dal vivo un altro. Quando infatti Coach Randy (figlio di quel Randy Beverly che fece vincere ai New York Jest il Super Bowl del '69) - lavagnetta in mano e sigaro in bocca - mi inserisce, insieme a Coach Big, nella formazione del calcio d'inizio, mi scappa da ridere... a distanza di mesi me la son quasi chiamata. La notte porterà consiglio...

Mi sveglio presto la mattina del Torneo. Le costolette di maiale sbafate la sera prima in albergo sono un lontano ricordo sulla scia del "se devo morire almeno lo faccio a stomaco pieno". La tensione sale mentre dentro la borsa prendono posto il paraspalle, il casco, i guanti e tutti quei piccoli accessori che, come tanti amuleti, mi accompegnaranno sul campo, fino a scomparire di colpo al fischio d'inizio. Perchè io son fatto così: preparo bene tutto il contorno e al momento della cena mi concentro solo sulla portata principale. Che nel caso dei padroni di casa, i Pforzheim Wilddogs, è un bestione nero di due metri, largo il doppio di me. Sorrido... li voglio avere grossi davanti per spingermi a lanciare il cuore oltre l'ostacolo. Il cuore, quell'organo che ti permette di vive ela tua vita a cento all'ora, fra mille emozioni. Tra un touchdown segnato ai Warriors, ad ogni singolo centimetro sudato e guadagnato contro i Wolfpack. Tra un abbraccio con i tuoi compagni di squadra al nome degli avversari urlato tutti insieme, mani in aria per ringraziarli di averci donato una straordinaria giornata di Sport. Abbasso gli occhi e mi chiedo quante volte ho fatto questo con la mia squadra, quando giocavo sulla trequarti di una squadra di calcio. Ancora sto aspettando una risposta...

Cosa ha portato i supporters tedeschi ad applaudirci e tifarci a sguarciagola anche contro le stesse squadre tedesche? Cosa ci ha portati a convincere la giuria a darea Pierino il titolo di MVP offensivo del Torneo, a fronte di un quarto posto su sei partecipanti. Forse proprio quel cuore li... quello che se batte forte è impossibile da non notare, anche fuori dal campo. Quello che mi porta a dedicare questo piccolo traguardo anche a qualche compagno che non c'è più. Peter, Andre e Coach Red, che mi aiutarono tantissimo quando ancora non sapevo neanche allacciare lo shoulder. Perchè in fondo la gente prende tante decisioni, ma l'amicizia rimane, nel Football come nella vita.

Apro gli occhi di sobbalzo qualche ora dopo e mi ritrovo ancora sul pullman, mentre sfrecciamo accanto al cartello "Milano". Molti miei compagni dormono ancora. A me cala un velo di tristezza. Provo a girarmi ma un dolore fortissimo alla coscia mi intima a non farlo, ricordardomi uno scontro durissimo nell'ultimo match. Sorrido. No, Pforzheim allora non è stato solo un sogno.

(nella foto in alto) Enricuzzu durante l'allenamento - Foto by Luca Nava www.lucanava.com
(nella foto in basso) I Rams festeggiano il trofeo per il quarto posto

martedì 31 agosto 2010

Ottava alba a Milano

Milano,
31st August

8 anni. Praticamente un terzo della proprio esistenza per chi – come me – ne ha 24. Se Milano potesse, se la sghignazzerebbe di gusto nel ricordare quel primo giorno quando ci misi piede e giurai di restarci da alba a tramonto. In mezzo, una bella “chianciuta” dietro il vetro della finestra, a sottolineare il concetto. E invece, 8 anni. Che volete… mi sono perso nella strada di ritorno.

Milano è così, tanto odiata quanto amata. Vissuta a cento chilometri orari come forse nessun’altra città d’Italia. Piena di novità, piena di cambiamenti, forse troppi. Come i miei 5 domicili cambiati e le 8 case d’appoggio d’intermezzo. Un totale di 13 traslochi che se ci pensate, fanno mettere le mani ai capelli. Traslochi vari, traslochi strani, traslochi variopinti. Ora con ottanta valigie, ora solo con trolley ed una tracolla a mano. Tutto per necessità. Necessità di trovare nuove sistemazioni in mezzo ai viaggi fatti – per lavoro e per svago – durante questi anni ed in fondo anche per necessità di cambiare aria per chi, come me, ha paura della routine. 13 follie, ma anche 13 ancore di salvezza, le uniche forse a non aver permesso a Milano di farmi uscire pazzo… Ieri in zona Bocconi, oggi in Zona Pasteur; mettendo in mezzo lo chic di Bueons Aires e il degrado di Giambellino. Milano diverse ma pur sempre sorelle di un’unica famiglia, che – come ogni città – si deve conoscere in lungo ed in largo per saperne parlare. Troppo facile poter dire “Ho visto Milano” quando si conosce solo Piazza Duomo; un po’ come andare a New York e aver visto solo Manhattan (ogni riferimento al mio passato NON è puramente casuale). Bisogna conoscere i parchetti di Milano 3, la nebbia dell’Hinterland meneghino e le stradine buie di Lorenteggio per poter dire “Uè figa, la Madunin la conosco bene!”.

Una vita sempre con la valigia in mano, alla scoperta di tutto quel nuovo che ti accende l’esistenza e ti fa capire che sei una piccola parte di un tutto che va sfogliato piano.
13 traslochi… ed un quattordicesimo da aggiungere. Già perché da Pasteur si cambia ancora e si approda nel verde di Piazzale Abbiategrasso. Stavolta per qualcosa di più che voglia di sfuggire alla routine. Stavolta per un tornado interiore. Per intemperie di sentimenti. O come tanti altri lo chiamano: per amore. Quell’amore che – disse Dante - move il cielo e l’altre stelle.

Filtra il sole dalla finestra, fresco e non accecante. L’estate è ormai un ricordo. Comincia la mia ottava alba a Milano. E non voglio svegliarmi assonnato.

(nella foto): Castello Sforzesco, foto by Matteo Zanini su Flickr

venerdì 19 marzo 2010

Once a Ram, always a Ram.

Milano (Italy)
March 18th

Proprio nel momento in cui sputo sangue per terra e non mi sento mai così tanto vicino all'aldilà, arriva una delle iniezioni di passione più belle di questa squadra. "Dai cazzo... se non ce la fai più a correre ti portiamo in braccio noi, ma non ti facciamo mollare!". L'urlo del resto della squadra - mio stupore - non è riferito a me, ancora miracolosamente nei ranghi al primo massacrante allenamento, ma ad un mio compagno di squadra visibilmente spalmato a terra. E' in quel momento che capisco che il fango che mi scorre sulla pelle ed il sudore attaccato sui muscoli stanchissimi, è la più bella sensazione che si potrebbe provare. Perchè la fatica fortifica lo spirito e la passione cementa una squadra.
Non so cosa mi abbia spinto ad entrare nei Milano Rams (clicca per guardare il sito) per cominciare a giocare a Football Americano. Probabilmente il fatto che sin da piccolo seguivo attratto la NFL americana e vedevo quello sport ancora più inaccessibile dell' "altro" football, quello europeo, mio primo grande e inarrivabile amore (il classico dei classici italiani). Anni ed anni di calcio giocato a più livelli, dallo juniores all'amatoriale, imparando cosa sia lo spirito di sacrificio e il senso di unione della squadra. Nel più romatico dei "tutti per uno, uno per tutti".

Al termine della parte atletica, disteso a terra con neanche la saliva per poter imprecare contro qualcuno, due ragazzi con armatura e casco si avvicinano e mi sollevano. "Grande... non ci credeva nessuno che riuscivi a finirlo tutto il primo allenamento!". Seconda grande iniezione di passione.
La fase di tattica e schemi, io - ancora ultimo dei rookie - non posso farla, servirà capire un paio di cose ancora. Tifare San Diego Chargers è un conto, giocare un kick-off return dal vivo è un altro. Cionostante, in pantaloncini e cappuccio della felpa alzato, sono ancora la, ai bordi del campo, accanto al Coach, pronto ad immagazzinare ogni singolo movimento pur di imparare alla svelta. Ed i sorrisi che si intravedono dai caschi degli altri ragazzi mi dicono che sto facendo la scelta migliore. Ricordo ancora i primi cinque minuti sul campo: da solo, di fronte alla linea dei Rams che, conoscendo appena il mio nome, urla "Enrico sei uno di noi!". Non importa chi sono, non importa da dove vengo, la squadra mi ha già abbracciato, contro ogni mia aspettativa. Ma d'altronde, il Coach in uno dei suoi ultimi editoriali sul sito lo aveva detto: "Perdere non piace a nessuno anche se a noi capita spesso, ma una vittoria conquistata senza sacrificio non è una vittoria. Per me una vittoria è vedere i miei ragazzi che si allenano, sotto la neve, con testa e cuore per superare i propri limiti. E quando c'è questa lealtà, c'è tutto."

Non so che ruolo andrò a coprire fra questi ragazzi: se running back o safety, se ricevitore per caso o diciottesimo dei quarterback. So solo che dopo questa serata al Centro Sportivo Saini ho capito che il Football Americano è davvero supendo come pensavo, ma i Rams no. Lo sono ancora di più.

(nella foto) Il Coach dei Rams, in una foto d'epoca.

martedì 16 marzo 2010

Greta Rossi: "Mio padre, che distratto!"

Palermo (Italy),
March 16th

Ciao... preferisci essere intervistata da Greta o da figlia di Rossi, dimmi la verità...
Sono sincera, pensare che possano chiamarmi per intervistarmi come “Greta e basta” è difficile, perché il cognome arriva prima. Ma non è una cosa che mi da troppo fastidio. Sono fiera di essere la “figlia del Mister”.

Allora io ti intervisto come “Greta e basta”...
Ecco, mi stai già più simpatico! (ride)

Sei già andata allo Stadio quest'anno?
Si, contro Lazio e Livorno, totale 6 punti, una media grandiosa!

Allora proponiamo l'abbonamento casalingo omaggio. Preferisci Curva o Tribuna?
Rigorosamente tribuna, mi piace stare concentratissima su moduli e azioni. Anche gli amici “da Stadio” sono selezionatissimi... non porto mai con me amici di squadre avversarie!

Hai fatto una Tesi in Marketing sulla “Valorizzazione degli Impianti Sportivi”. Qual'è quello che ti ha maggiormente impressionato?
Purtroppo ho visto pochi stadi all'estero ma di primo impatto direi l'Amsterdam Area, davvero splendida. In Italia dico subito il Ferraris, molto inglese, molto caldo. Anche il Meazza è grandioso ma non mi sta molto simpatico... (ride). All'ultimo metto l'Olimpico...

Seguire la partita sugli spalti all'Olimpico è proprio un atto di fede...
Si infatti, ti accomodi nei sediolini e ti fai raccontare la partita dallo zio al telefono... (ride)

Zamparini vuole costruire un nuovo stadio per il Palermo. Secondo te quale dovrebbe essere una delle caratteristiche principali?
Ti dirò la verità: ancora prima dello Stadio, credo sia più importante avere un proprio campo di allenamento. Ce l'hanno tutte le grandi squadre. Pensa che bello sarebbe un “Palermello”...

Confronto fra Tesi: dalla mia (“La percezione del Made in Sicily nel mercato statunitense”) venne fuori che l'82% degli americani, seppur legano subito attributi negativi alla parola Sicilia (es. Mafia, Padrino, Soprano's), hanno un'elevata valutazione positiva dei siciliani e del Made in Sicily (7,2 in una scala da 1 a 9). Come te lo spieghi?
Secondo me si deve ringraziare tanto la comunità sicula che vive negli States, che è apprezzatissima dagli americani. Anche Sasà Salvaggio mi raccontava come fosse maggiormente apprezzato a New York che quasi non in Italia, proprio per la comunità sicula che vi risiede. Un pregiudizio, uno stereotipo, si supera conoscendo le persone. Se impari a conoscere i siciliani il gioco è fatto. Poi aggiungi anche un paio di cannoli e hai vinto contro tutti... (ride)

Dopo aver partecipato a Miss Italia hai abbandonato la strada dello spettacolo per concentrarti su studio e professione. Sei stata per caso minacciata dall'alto da un papà che temeva di trovarsi un genero nello spogliatoio?
Sicuramente! (ride) La verità è che quella partecipazione a Miss Italia mi sfuggì di mano. Credevo fosse solo un divertimento, ma mi sono scontrata con una fortissima competizione all'interno. Una competizione cattiva, non costruttiva, di gente che vedeva una fascia ed uno sfilare in bikini come la grande occasione della vita. A me piace il gioco di squadra, l'amicizia, il divertimento... e quindi mi sono stancata. Poverino papà che ha dovuto rispondere a decine di domande di giornalisti che gli chiedevano della “figlia Miss” ed era costretto a negare. Non avevo considerato per nulla l'impatto mediatico e lui non la prese affatto bene.

Scherzi a parte, tre valori che ti ha insegnato tuo padre?
Umiltà e ambizione su tutti. Sembra un controsenso ma non lo è, e credo siano le due qualità migliori che riconoscono anche a lui nel calcio. Come terza dico la passione. Lui poteva fare qualsiasi lavoro, ma era appassionato di calcio e ha lottato sin da piccolo per portare avanti il suo sogno. E lo stimo tantissimo per questo...

Ti svelo un segreto. Tuo padre era già il cima alle preferenze dei tifosi palermitani anche quando non c'era neanche l'ombra che potesse sedersi sulla panchina rosanero...
Questo non lo sapevo. Mi riempe d'orgoglio e sono sicura farà felice anche lui.

E nella vita, quando lo “spediresti” in tribuna, come si fa per punizione con un calciatore?
Quando è distratto! E' tremendamente distratto e assente, ma la seconda non è colpa sua, è una conseguenza del lavoro che fa. Però a volte essendo distratto si fa prendere gioco anche da me, che ne approfitto per strappare dei “si” a dei viaggi stranissimi. Fosse un po' più attento, non me li permetterebbe mai... (ride).

Enricuzzu


(nella foto in alto) Greta Rossi
(nella foto in basso) Delio Rossi, allenatore del Palermo

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giovedì 28 gennaio 2010

Storia di due angeli

Palermo (Italy) - Frankfurt (Germany)

Caro Daniel,

il mio papà mi ha detto che sei un angelo fortissimo. E poi so anche che hai un papà e una mamma splendidi ed una famiglia tanto forte e tanto unita. Sai, anche il mio papà e la mia mamma mi vogliono tanto bene. Anche se io sono ancora dentro la pancia di mamma me ne accorgo. E dato che papà mi ha detto tante cose belle su di voi, spero anche io di essere forte così come te e di dare tanta gioia al mio papà e alla mia mamma, tenendoli ancora più uniti e fare una famigliola, bella, unita e forte come siete voi.
Ciao Daniel. E mi raccomando, guardaci ogni tanto ... e protteggici da lassù. Io intanto ti mando un bacio.

Vittoria

La notte del 3 Dicembre, Daniel Schimmenti spicca il volo verso il Paradiso. Ventisei gioni dopo - il 29 Dicembre - Vittoria Nunnari viene a mondo. Due angeli che si scambiano. Due angeli che si sfiorano. Due angeli che un giorno, giocheranno insieme felici.


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