giovedì 1 marzo 2012

Jonah, non mollare.

Auckland (New Zealand),
March 1st

Quando lo conobbi meno di anno fa a Milano mi apparve davanti in aula come l'ho sempre visto in Tv: alto, possente, enorme. Non fu la sua mole a placcarmi disorientandomi però, ma la sua semplicità. Un sorriso per tutti e una vita spiegata con parole semplici, senza tanti giri. "Ho una malattia, ma questo lo sapete già" disse con tranquillità, esattamente come io direi di avere un raffreddore. Solo che la nefrite non è un raffreddore. E' qualcosa di un pò più serio. Qualcosa che ti divora i reni, ti costringe a tre sedute di dialisi a settimana e ti distrugge gambe e braccia. Jonah non si abbattè e sembra passata una vita da quel trapianto di reni nel 2004 che sembrava aver messo la parola fine a questa battaglia. E invece no...

Quel rene maledetto è tornato oggi a combattere contro Jonah, e forse lui, dietro il sorriso rassicurante che ha sempre regalato, se lo aspettava. Quasi trenta chili persi in poche settimane nell'immobibilità di un fisico che è stato abituato a dominare avversari in tutto il mondo e che ora si trova placcato, nel letto di un ospedale di Auckland. Io che scrivo, praticando uno sport di simile durezza, so quanta grinta ci sia nel cuore di chi non vuole smettere di combattere. Ma so altrettanto, da figlio, quanto sia tremendo combattere contro un avversario che ti abbatte da dentro, senza guardarti in faccia, e ti spegne giorno dopo giorno quella luce che hai sempre avuto negli occhi.

"Prima o poi tutti dobbiamo morire" dicono le parole di Jonah, riportate da Repubblica. Lo sguardo triste, di un uomo che sa che la partita ora diventa veramente difficile. La Nuova Zelanda piange per il suo più giovane All Black di sempre (appena 19enne quando vestì la celebre maglia nera) e si stringe attorno a lui. Io mi rifiuto di credere che a distanza di un anno, le cose cambino così in fretta, ma lancio il mio urlo oltreoceano: Jonah, non mollare. Un giorno lasceremo tutti questa vita terrena per andare incontro a qualcosa di più grande, ma di un lungo viaggio non conta la fine, bensì il modo in cui lo si vive. Jonah, non mollare. In questa mischia tremenda stavolta sei da solo, ma tutti noi sugli spalti siamo con te.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

io non ho avuto il piacere di conoscerlo ma non si può rimanere impassibili quando vedi il coraggio e la forza di queste persone nell'affrontare certe disgrazie..e voi direte che sono cose che capitano a tutti, che persone "comuni" le affrontano senza tanta pubblicità..però quando vedi questi colossi sul campo, in tv, pensi che siano immortali e non li immagini proprio in un letto d'ospedale.. in questi drammi ti accorgi che in fondo sono umani anche loro e ti senti più vicino, più partecipe al loro dolore..

ClaudioRN ha detto...

Colgo l'occasione di questo bel post per farti i complimenti per la qualità grafica del tuo nuovo blog.
Un abbraccio. Claudio.