venerdì 27 giugno 2008

Kebap e vodka? Sconfitti, scontenti ed... ammirati.

Semifinali
Germania - Turchia 3-2
Spagna - Russia 3-0


La sconfitta ha un sapore amaro. Un sapore che ti
lascia in bocca quella sensazione bruttissima, quel gusto orrendo che non avresti mai voluto assaggiare. E’ il paradosso di questo Europeo 2008: quando stai per toccare il cielo con un dito, scivoli e cadi. E cadere dal cielo, fa davvero tanto male. E’ capitato all’Olanda, che stava dipingendo d’arancione quello sguarcio sopra le nuvole, è capitato al Portogallo che quell’angolo di cielo lo ha visto vicino come non mai. E’ capitato anche a noi italiani, anche se il cielo lo abbiamo visto da lontano, e forse cadendo, ci siam fatti meno male. Infine, il cielo con un dito, ma stavolta davvero, lo hanno toccato turchi e russi. Coloro che abitano a metà fra Europa e Asia. Coloro che all’Europeo, in mezzo ai grandi, ci sono entrati in punta di piedi. E hanno preso a ceffoni a tutti.
Da un lato la Turchia, quella squadra che ha dato un nuovo significato alla parola ‘cuore’. Quella squadra che il suo cielo lo ha sempre toccato all’ultimo secondo, quando gli altri ormai non ci credevano più. Ne ha approfittato per l’ultimo guizzo, verso lassù. Quella squadra che d’improvviso si è trovata sola, con gli uomini contati e non ha fiatato. Senza attaccanti ma con la tranquillità di affermare “…nessun problema, schiereremo il terzo portiere in avanti”. Roba da far ridicolizzare noi italiani che abbiamo pianto il Cannavaro infortunato. Repubblica Ceca, Croazia, a momenti anche la Germania. Tutte così, all’ultimo soffio sull’erba. Ma il destino crudele ai turchi aveva scritto, che chi di 90’ ferisce, di 90’ perisce.
Dall’altro lato la Russia. La squadra degli innominabili, degli sconosciuti. Quelli che sono entrati in Svizzera e Austria con la devastante potenza di una transiberiana, abbattendo tutto ciò che gli si frapponesse davanti. Quelli che il nome del loro centravanti, Pavlyuchenko, ce l’hanno insegnato a forza di gol. Quelli che solo la Spagna, nel silenzio di chi sa di custodire un segreto inenarrabile, è stata in grado di fermare. Per due volte, tante sufficienti a non parlare di fato.
Non resta che l’onore delle armi, e la giustizia morale di non far uscire due squadre cosi, a testa bassa, nel silenzio di chi lascia la scena ai vincenti. Non resta altro che deglutire l’amaro, e lasciar spazio al dolce di chi c’ha provato più degli altri. Di chi non si è arreso. Non resta che tuffarci nella cucina tipica, nelle tradizioni, nel folklore. Un kebap da un lato, ed una vodka dall’altro lato. Con la consapevolezza che almeno in queste occasioni, il palato non perde mai.

Enricuzzu

(nella foto in alto) Il fantasista Andrei Arshavin, stella russa
(nella foto in basso) La delusione del turco Hakan Balta

2 commenti:

ernesto53bis ha detto...

Non ricorderai ma quante volte ti sia capitato di incontrare luoghi, volti, pensieri, dimensioni, che senza rendertene conto ti entrano dentro, ti pervadono, appartengono.
Te li ritrovi dentro inaspettatamente, si aggiungono al tuo, fanno parte di te.
Anche di questo Europeo, magari negli anni più avanti qualche ricordo affiorerà alla mente, il Donadoni signore non elegantemente licenziato, la spocchia di Domenech abilmente ridimensionata.
Per non dire della cadutadi Cristiano Ronaldo, forse distratto dalla vicenda personale del trasferimento al Real.
O il tentativo di una Croazia, paese bellissimo che merita di essere visitato almeno una volta.
Si è tanto parlato della sportività o meno dell'Olanda del Marco Volante, ci ricorderemo degli acquazzoni violenti, del Toni rimasto a bocca asciuta, anche di qualche rigorista di casa nostra tiratosi indietro.
Va così il mondo.
Salutiamo due popoli fieri, i Russi ed i Turchi che hanno osato raggiungere la vetta, rimasti lì aggrappati ad un sogno che sà tanto di riscatto: i ragazzi i Terim, l'Imperatore, che nel pieno della loro esaltazione agonistica si son fatti infilare maldestramente da una cinica Germania, camuffatasi da italicacontropiedista, per non dire degli allievi di Hiddink il Giramondo, rimasti infilzati come in una toreada dal sapiente torero,ergo, Aragones.
Ti renderai conto che queste magiche sensazioni, ricordi, te li ha lasciati dentro il Calcio, così com non si potrà dimenticare il volto di quel tifoso turco fiero di aver mostrato al mondo intero la fierezza del suo popolo,bello così come l'immagine struggente del sole che ritorna nel suo letto immergendosi nelle acque rosseggianti del Bosforo che pervadono la magica Costantinopoli.
Come a significare che volendo si può, non soltanto nella palla giocata.
Che non sappiamo quali destini riserverà ad altri due popoli fieri d'esserlo.
Per chi non è arrivato, sarebbe stato un successo partecipare alla finale, per chi ne uscirà perdente significherà una sconfittà, ma non nel mondo che conta.
Cosa vuoi che sia fare o subire un gol, cosa c'è d'essere fieri di averne rifilato quattro al portiere degli altri quando ci sono milioni di volti senza immagine e senza identità.
Ed allora, forse, ci ricorderemo anche di aver perso la partita della Vita, di non essere riusciti nella grande Utopia, ritornando ad essere contro, urlando cori beceri al poliziotto di tuno ed al fiero catanese figlio dell'Etna.

Enricuzzu ha detto...

Ernesto...
per ora non trovo parole per commentare: davvero unico.